martedì 11 novembre 2008

oggi parliamo di...

gay e azione "cattolica".

qualche tempo fa, esattamente il 25 ottobre scorso, sul giornale è apparso codesto articolo,
che vi riporto integralmente.
E' un pò lungo, lo so, ma leggetelo quando avete un pò di tempo.

Solo uno spunto di riflessione:
in Spagna le nozze gay dal 2005
in Italia l'azione cattolica che redime i gay.
con tanto di articolo sui giornali (Il Giornale, ndr)

La CRISTOTERAPIA.
wow...
l'avete mai sentita? io no.
è una terapia che mira, tramite la preghiera, a dare conforto e motivazione

gay disadattati del mondo, unitevi!
punto primo, se siete gaymapropriogay,
siate più tranquilli e sentitevi meno disadattati..
in fondo "siete trendy, e trovate un lavoro più facilmente e fate soldi più in fretta!"
punto secondo,se siete gayfintigay,
fate un processo al contrario,
andate tutti a Medjugorie e tutti i vostri problemi saranno risolti!
Tornerete etero, e la magia è fatta!


ironia a parte, domanda:
ma se uno è gay e diventa ex gay,
questo vuol dire che prima era un gayfintogay o cosa?
in generale, la presunta convinzione di essere qualcosa che non si è,
quando nasce?

KM fantasy land

"Ero gay, mi hanno curato ora sogno di avere un figlio"

«È successo tutto dopo un festino. Un amico stava preparando un esame di psicologia e ha dimenticato un mucchio di appunti sulla scrivania della mia stanza. Ho cominciato a leggere e ho scoperto della terapia riparativa. È iniziato tutto da lì».
Party notturni, alcol, sesso facile e promiscuo. Fino ai 27 anni Luca viveva di «festini» - come li chiama lui - di rapporti occasionali, consumati anche all'aperto, o come si dice in gergo di «cruising». «Questa era la mia vita e quella dei gay come me. Fino a quel momento», racconta disinvolto davanti a una tazza di tè, in un bar nel centro di Milano, dopo una giornata di lavoro. «Non ho fretta, no, ma poi devo prendere un treno per raggiungere mia moglie - dice sorridente -. Abitiamo fuori Milano. Stiamo così bene lontano dalla città».

Non è una doppia vita quella che Luca ha deciso di raccontarci. È una nuova vita. Fino a qualche anno fa Luca di Tolve - che ora di anni ne ha 36 - faceva public relations per i locali omosex, era un attivista dell'Arcigay: si occupava di turismo e organizzava viaggi per la comunità. Un omosessuale convinto, insomma. «Convinto sì, credevo che quella fosse la mia condizione, irreversibile. Ero un egocentrico, palestrato, schiavo dei locali notturni, ossessionato dai soldi, convinto di provare attrazione unicamente per i maschi e finito nel vortice del sesso compulsivo». «Fino a quel momento». Cioè fino a che Luca non si è imbattuto nella “terapia riparativa” dell'americano Joseph Nicolosi. Da allora, dopo un percorso lungo cinque anni, lo scorso agosto è arrivato il matrimonio con Lisa (il nome è di fantasia), è nato il gruppo di auto-aiuto che Luca dirige, il gruppo Lot, di ispirazione cattolica, è esplosa l'idea di scrivere un'autobiografia e la convinzione che come lui molti potrebbero «riscoprire la loro parte maschile, ma soprattutto smetterla di soffrire».

«Sì, perché - racconta Luca - quando ero omosessuale ero un infelice. Credevo di essere io lo sfortunato che non trovava l'anima gemella. Poi mi sono reso conto che attorno a me tutto era impostato in modo frivolo, superficiale, che ero circondato da infelici, molti dei quali ossessionati dalla pornografia e dal sesso. E poi la morte: l'ho vista consumarsi negli amici attorno a me e alla fine ho dovuto farci i conti anch'io dopo aver scoperto di essere sieropositivo». L'incubo Hiv Luca lo ha scoperto sulla sua pelle a 25 anni. «Altro che gaiezza tra gli omosessuali - dice ricordando gli anni della trasgressione -. Dopo quelle nottate estreme, tra cocaina e popper, torni a casa con un carico emozionale enorme ma con un senso di solitudine infinito. E oggi pago con la mia salute il peso enorme di quei comportamenti».

Così Luca si presenta alla libreria Babele di Milano, specializzata nelle tematiche gay. «Gli appunti lasciati quella sera da un amico parlavano delle teorie di Nicolosi, del fatto che le pulsioni nei confronti dell'altro sesso spariscono se smetti di idolatrare gli uomini perché tu non riesci ad essere come loro, che l'omosessualità può nascere da un senso di rivalsa di un bimbo che vorrebbe avere più attenzioni da un padre assente. Insomma sono entrato in libreria ma il libro di Nicolosi non l'ho trovato. E lì ho capito che c'era una realtà che il mio mondo omosessuale cercava di tenere nascosta». Così Luca comincia a incuriosirsi, si indispone anche di fronte alle teorie di Nicolosi («insisto, ero un gay convinto, non è stato facile mettermi in discussione»), fino a che non decide di provare la terapia riparativa.
«Non ero felice e volevo capire il perché. Ci ho messo cinque anni per realizzare di avere sofferto dell'assenza di un padre, di aver idealizzato i maschi perché li sentivo più forti di me e per cominciare a incuriosirmi dell'universo femminile», racconta Luca. Ma guai a parlargli di lavaggio del cervello: «Non ci sto. Sono una persona in grado di intendere e di volere come lo ero quando ero un gay. La vera violenza è dire che è impossibile uscire dall'omosessualità», si difende. E insiste: «Basta con questa accusa di omofobia. Chi discrimina è chi pensa che gay si nasce. Non esiste certo un gene. La mia scelta ha richiesto coraggio, anche perché non ho dovuto lottare solamente contro le mie abitudini, praticare l'astinenza per un periodo, ma ho dovuto rinunciare anche ai privilegi di una società in cui essere gay è trendy, ti serve a trovare un lavoro più facilmente e a fare soldi più in fretta», dice Luca attaccando la comunità omosessuale. Poi precisa: «Certo che ci sono gay che vivono la loro condizione con naturalezza e in tranquillità. Ma io voglio dire a tutti quelli che invece vivono il disagio che ho attraversato io che non devono vergognarsi, che possono rivolgersi a strutture che li aiutano e che alla fine possono trovare la felicità». Luca ci crede davvero: «Le strade sono tante, non c'è solo la terapia riparativa, ci sono i gruppi e i corsi living waters, la cristoterapia per chi - com'è successo a me - vuole trovare conforto e motivazione nella preghiera. Io voglio solo che si sappia che c'è un'omosessualità che è il frutto di un disagio e che può essere curata come si fa con la depressione o con i disturbi alimentari. Lo scriva, è importante», dice serio Luca. Che si addolcisce quando comincia a parlare di sua moglie: «L'idea di poter avere un bambino da una ragazza di cui sono innamorato mi elettrizza e mi commuove. L'ho conosciuta a Medjugorie. È stato come ricevere una grazia. Lisa mi ha accettato per quello che sono, col mio passato, senza pregiudizi e con grande amore. È bello che un rapporto si fondi sulla diversità. La favola della famiglia gay è politica, un modo per ottenere un riconoscimento. Ma i figli devono crescere con una madre e un padre, con degli esempi. Anch’io ora voglio pensare al futuro. Sono sieropositivo ma posso sottopormi a un trattamento, previsto dalla nostra legislazione e accettato anche dalla Chiesa, per avere un figlio sano. È la mia nuova vita. Non vedo l'ora»

7 commenti:

Anonimo ha detto...

L'unico pensiero che mi ha fatto nascere il leggere questo articolo è che questo ragazzo fosse veramente solo e infelice, e ha detto nel tutto una verità molto profonda, che generalmente si perde nel caos delle diatribe su un argomento del genere, e sicuramente rappresenta una minoranza statistica: "Io voglio solo che si sappia che c'è un'omosessualità che è il frutto di un disagio e che può essere curata come si fa con la depressione"; che non è TUTTA l'omosessualità, ma è un fenomeno che esiste
Di sicuro poi la sua storia viene qui strumentalizzata dall'area cattolica, ognuno tira l'acqua al suo mulino, ma non voglio entrare nel merito di questo argomento.
Mi ha solo fatto molta "tenerezza" lui

DTN

Kill Mosquitos ha detto...

mah...non è la tenerezza il sentimento che mi ha procurato questo articolo, sinceramente.
ma a te sembra normale che un giornale,IL GIORNALE,pubblichi come notizia una 'minoranza statistica'?

per queste storie, novella 2000 fa più al caso nostro.

Anonimo ha detto...

Beh, a me sì; forse più che tenerezza direi pena nei confronti di questo tizio, che è evidentemente molto debole visto come si sia attaccato ad ogni appiglio che potesse dargli un'identità e un senso, una materiale omosessualità compulsiva prima e una fortissima spiritualità religiosa adesso.
Non l'ho proprio letto dal punto di vista "macro-sociale" come hai fatto tu, Il Giornale è chiaramente schierato, e che è una minoranza statistica quello di cui si parla l'ho detto io, perchè ho letto e ho capito, ma di certo non viene pubblicizzato come tale dal giornalista, altrimenti non sarebbe funzionale al messaggio che vuole dare.
Poi ti dirò, già non lo leggevo prima, poi da quando ne è diventato direttore Mario Giordano, che io considero uno dei peggiori giornalisti in circolazione, per me Il Giornale è paragonabile alla carta igienica (dopo l'uso...)

DTN

Anonimo ha detto...

mah...disagi, minoranze statistiche, politica affair...centrano??? mo' ci sono pure quelli che si sentono diversi all'interno dei gay, considerati dei diversi! dai ognuno vive la sua vicenda personale e individuale, per fortuna, quello di cui sono olfa è vedere tutto di pubblico dominio, dolore, rimorsi, pianti, urla, trash...parlare parlare parlare..ma perchè poi un quotidiano dovrebbe mettere una lettera così (magari nella pagina socio-culturale???)
a proposito geo...quando vengo nel tuo blog va a finire che mi perdo nei meandri dei posto precedenti! rallentaaa! ma mario giordano è quello con la voce da donna-bambina???ah beh però...
elì babà (nun ce la fa...)

Anonimo ha detto...

ah ecco dimenticavo...noi lo stato con la chiesa stato...siamo ben lontani da "redimere i gay"...a male pena si redime i redenti...ah aha
(s)babà

Anonimo ha detto...

mah....l'articolo me l'ero letto giorni fa.
.....quanti si sposano ,hanno figli.... si "ammalano" e si riscoprono gay!!!!!!!


gt

Anonimo ha detto...

Poveretto, ma mai nessuno gli ha spiegato che non esiste una "omosessualità che è frutto di un disagio", ma, semmai, una omosessualità che è vissuta con disagio? Non è l'omosessualità ad essere un sintomo di un disagio, ma il disagio ad essere sintomo di una non completa accettazione di questa parte di sé dacché nasciamo in una società che fin da piccolo ti dice che sei: impuro, invertito, sbagliato, peccatore, contronatura, pervertito, malato, immaturo, egoista ecc...
Di Tolve era uno che viveva già prima una vita tutta droga, bordelli e sesso occasionale, per sua ammissione, che certamente non è uno stile di vita sintomo di un equilibrio interiore, ma anzi... questo vuol dire che anche professarsi gay-convinti, o attivisti-gay, non significa per forza dire che uno si sia intimamente accettato, anzi è segno di un profondo conflitto interiore che può portare in alcuni casi alla repressione e in altri all'opposto cioè all'ostentazione della propria accettazione, ma lui non è passato da una posizione di squilibrio a uno di equilibrio, è semplicemente passato da un disequilibrio all'altro grazie a fetenti in malafede che invece di curarti il disagio ti curano l'omosessualità