lunedì 9 marzo 2009

Lunedì Cinema

a cura du Miike

Ciao a tutti,
it's showtime!!!

The Wrestler
di Darren Aronofsky

Tutti sanno che il wrestling professionistico è una finzione, e lo stesso vale per i film. In entrambi i casi gli spettatori si pongono di fronte all'artificio facendo finta che questo non esista, e si concedono di credere che i personaggi sul ring o sullo schermo stiano "realmente" interagendo tra di loro. The Wrestler, del regista di culto Darren Aronofsky (Pi - Il teorema del delirio ma soprattutto Requiem for a Dream.. e basta perchè giustamente si preferisce dimenticare l'ampolloso The Fountain), non è solo un film sullo sport del wrestling, ma una riflessione sui principi più meschini dello show business, dove gli interpreti finiscono per vendere non solo una illusione, ma i loro corpi e le loro anime.

Il protagonista è Randy "The Ram" Robinson (Mickey Rourke), star del wrestling durante il boom della disciplina negli anni '80, che a differenza di buona parte dei suoi vecchi avversari - conosciamo presto la sua "nemesi", l'Ayatollah, alle prese con la gestione di un autosalone - vive ancora di fatiche sul ring benché relegato ai margini della professione. Vent'anni dopo, infatti, le arene prestigiose sono state sostituite dalle palestre scolastiche, da esibizioni a gettone ricompensate con pochi dollari e pochi applausi. E Randy, per quanto ancora esteriormente "pompato", convive con un fisico ("un vecchio pezzo di carne maciullata") palesemente provato da anni di botte e spettacoli al limite del sado-masochismo: la chioma ossigenata raccolta in una coda untuosa, gli occhiali da vista fissi sul naso, un apparecchio acustico che miseramente tenta di nascondere al pubblico.

Fermi tutti. Aronofsky non chiede pietà per il suo protagonista. Nonostante le premesse, il film non ci racconta la storia di un uomo rancoroso o pronto a darsi per vinto - non quando viene sfrattato per non aver pagato l'affitto, non quando i ragazzini del vicinato lo svegliano dopo una notte passata a dormire nel suo furgone. Si tratta invece di una figura quasi mitologica, che ha definito i propri ultimi vent'anni e più di vita sulla base della sua professione, e che è ancora rispettato da ex colleghi e appassionati. La svolta narrativa arriva dopo un incontro all'ultimo sangue con filo spinato, vetri rotti, sparachiodi e altri "strumenti di tortura", quando Randy riceve un segnale nella forma di un lieve attacco cardiaco, che lo convince della necessità di intraprendere una nuova vita. E così fa, almeno inizialmente, tentando di ricucire i legami a lungo interrotti con la figlia, trovando lavoro a un banco macelleria, e intessendo una relazione romantica con una spogliarellista (Cassidy, una brava Marisa Tomei). Ma presto il passato torna a bussare alla porta del protagonista, che per quanto si impegni non riesce del tutto ad uscire dalla dimensione di personaggio, e la tentazione di tornare per un ultimo match si fa sempre più forte...

Il film di Aronofsky, basato su uno script di Robert D. Siegel, piace perchè mantiene basse le ambizioni e riesce a realizzarle tutte, in una stagione cinematografica fatta di tante pellicole pretenziose e piuttosto vuote. L'interpretazione di Rourke, gonfio, vulnerabile, ed estremamente umano, è magnetica, ed è difficile non affezionarsi al personaggio di Randy, vero face - un lottatore "buono", nel gergo della disciplina, dentro e fuori dal ring. The Wrestler, Leone d'oro a Venezia, è un lavoro intelligente e solido di realismo documentaristico, ricco di dettagli e mai gridato, eppure riesce a coinvolgere emotivamente e non mancano i tocchi di classe. Il film racconta la seduzione della superficialità, e il dolore sordo di vivere un momento della vita senza accorgersi che è già finito, ma senza ipocrisia o vittimismo. Il finale, poi, funziona su tanti livelli: come un film di Rocky più disilluso e "carnale", come un requiem (o un'elogia) per gli anni '80 e per il mondo del wrestling, come il simbolo della resurrezione di Mickey Rourke. Stavolta come attore, probabilmente nella migliore interpretazione della sua carriera, accompagnata nell'uscita di scena da una toccante canzone di Bruce Springsteen.

Voto 8/10.

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