lunedì 16 febbraio 2009

Lunedì Cinema

a cura di Miike

Ciao a tutti!
Questa settimana parlo di un film che aspettavo da un po', di un regista - David Fincher - che da Seven a Fight Club fino a Zodiac, ha regalato bei momenti di cinema.
La pellicola in questione è peraltro candidata a ben 13 Oscar, quindi le premesse c'erano tutte...


Il curioso caso di Benjamin Button
di David Fincher

Nel cinema a volte capita che il tentativo di realizzare un film grandioso porti a considerare con eccessiva leggerezza la consistenza degli elementi di base. Questo è in parte il caso de Il curioso caso di Benjamin Button, tratto da un breve racconto stravagante di F. Scott Fitzgerald, una suggestiva fantasia su un uomo che invecchia al contrario, passando nel corso degli anni da una senescenza neonatale a una anziana gioventù.
Nel racconto originale, la storia di Benjamin serviva all'autore come pretesto per fornire alcune osservazioni sull'educazione dei giovani, sul loro comportamento e sui riti di corteggiamento a cavallo tra il 19simo e il 20simo secolo.

Partendo da questo bizzarro e apparentemente poco promettente riferimento di base, il regista David Fincher e lo sceneggiatore Eric Roth ("Forrest Gump") hanno costruito un'epopea che condivide solo il titolo e la premessa di base della fonte letteraria.
Nel film, le vicende sono raccontate attraverso la lettura di un diario alla protagonista (Daisy/Cate Blanchett) ormai anziana: si tratta della ricostruzione della vita di Benjamin Button, nato alla fine della prima guerra mondiale, abbandonato ancora in fasce alle prese con problemi di salute tipici di un novantenne, e della sua esistenza attraverso un secolo di storia americana, passando attraverso innumerevoli peripezie, e ringiovanendo alla ricerca dell'unico e grande amore, la stessa Daisy, da giovane moderna ed emancipata ballerina bohemienne.

La pellicola si propone involontariamente come il vero anti-The Millionaire della stagione cinematografica. Tanto esuberante e colorato il film di Boyle, quanto misurato e "stinto" quello di Fincher.
La storia copre un periodo di circa 80 anni (dal 1918 all'uragano Katrina), e in ogni momento la direzione artistica e i costumi ricreano meticolosamente l'atmosfera. Visivamente poi il film è quasi perfetto; la fotografia è evocativa, gli effetti speciali (elemento chiave) notevoli e non troppo esasperati, gli attori importanti e pronti per l'Oscar - Brad Pitt, va riconosciuto, si sforza davvero molto.
In definitiva, il film sembra rappresentare un propotipo ideale di grande film, a partire dalla sua durata - 167 minuti - quasi a proclamarne l'importanza. Ma il proclama è in parte bugiardo, e gli elementi positivi finiscono per mettersi al servizio di una storia che è emotivamente poco coinvolgente e sostanzialmente poco appassionante. Benjamin è un personaggio passivo, inerte, definito nel film quasi esclusivamente dal suo processo di invecchiamento. Senza ambizione, senza interessi, fuoricasta, guidato solo dal desiderio per Daisy, la sua "malattia" lo porta a percepire l'inadeguatezza della vita umana, e lo pone a distanza dal resto dell'umanità. Sfortunatamente, questa distanza si riproduce anche nei confronti di chi guarda il film, nel momento in cui la mancanza di passione di Benjamin rende difficile preoccuparsi per il suo destino.

Forse Roth ha pensato che ogni generazione debba avere il suo Forrest Gump, tante sono le similitudini tra i due film. Ma qui il risultato è un'opera un po' ruffiana in chiave Oscar, impeccabilmente classica e dettagliata, ma fondamentalmente piuttosto fredda, una serie di eventi non sempre pregnanti nell'attesa che si risolva la storia affettiva tra Benjamin e Daisy, il cui destino arriva in modo forzato e poco naturale (tra l'altro, la "chimica" tra Pitt e una pur brillante Blanchett non sembra così evidente).
Nonostante i problemi narrativi, Benjamin Button sarebbe stato un film diverso se fosse finito nelle mani di un regista più abituato al racconto di storie sentimentali rispetto a Fincher, i cui film più importanti fanno della tensione e del clima dark i veri punti di forza. Si rimane così un po' perplessi, interrogandosi sul significato della indulgente favola raccontata nel film - che non sia che il tempo è crudele, che il vero amore dura il tempo di un soffio,o che la mortalità è una brutta faccenda.

6,5/10.

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