lunedì 27 aprile 2009

Lunedì Cinema

a cura di Miike

Dopo l'abbuffata pre-Oscar, è arrivato un periodo un po' spento sul fronte nuove uscite.
Celebriamo l'ultima performance - solo attoriale eh - di un monumento della storia del cinema...

Gran Torino
di Clint Eastwood



Non sarebbe male invecchiare come Clint Eastwood.
Regista di successo, attore di fama mondiale, invincibile anche in età avanzata.
E' difficile ricordare altre figure nella storia del cinema che abbiano lavorato come attori per 53 anni, registi per 37, che abbiano vinto due Oscar per la regia, altri due per miglior film, e che a 78 anni possano interpretare il ruolo da protagonista in un proprio film e sembrare più cattivi che mai.
C'è in effetti qualcosa di così iconico, così granitico nel personaggio di Eastwood che nel caso di Gran Torino questo si separa dalla specificità del materiale filmico e finisce per diventare il simbolo dei valori e delle sfide di un America che forse non è mai esistita, ma che è comunque affascinante da immaginare.

Non esiste infatti nulla di particolarmente "solidarizzante" nel personaggio che Eastwood interpreta in questa - almeno in parte - semplice storia di vita che si svolge all'interno di uno scorcio di periferia di Detroit alle prese con un cambiamento nella composizione etnica dei suoi abitanti.
Clint è Walt Kowalsky, uno scontroso e bigotto veterano della guerra in Corea che ha lavorato per tutta la vita come operaio in una fabbrica di automobili, e che ora trascorre il pensionamento ringhiando dal portico di casa ai vicini asiatici che stanno prendendo possesso del suo quartiere.
In realtà Walt ne ha per tutti: per i figli smidollati, per i nipoti irrispettosi, persino per il prete che celebra il funerale della moglie all'inizio del film, troppo giovane per curiosare nella sua vita.
L'amata Gran Torino d'epoca, custodita gelosamente in garage sotto un telo, è testimone della vecchia America in cui sono radicati il cuore e i valori di Walt, lontani anni luce dal presente in cui si vede costretto a vivere.

La svolta narrativa avviene quando la rissa tra i membtri di una gang e Thao (Bee Yang), il figlio teenager dei vicini vietnamiti, finisce per spostarsi all'interno della sua proprietà.
Walt esce armato di fucile e minaccia di fare fuoco, salvando Thao e diventando, insospettabilmente e involantariamente, una specie di eroe per la comunità orientale per cui prova tanto disprezzo.
Da qui, con una certa predicibilità nello svolgimento della trama, seguiamo Walt che si trasforma da vecchio burbero razzista a una versione più "soft" di vecchio burbero razzista, nel momento in cui inizia a riconoscere gli individui che si celano dietro i tratti etnici, e scopre che tutto sommato forse ha più da spartire con la famiglia dei vicini che con la propria.
Una storia non proprio esente dall'utilizzo di cliché piuttosto familiari, che viene salvata dall'esperienza di Eastwood grazie alla sua capacità di giocare con gli stereotipi, e soprattutto grazie alla sua più che godibile interpretazione unita a uno stile di regia classico e pulito.

Anche se parla di tensioni razziali, e anche se termina in modo estremamente melodrammatico, Gran Torino è più una commedia che un film drammatico (lo script dell'esordiente Nick Schenk lavora evidentemente in questa direzione), valorizzata dalle grandi performance del cast, composto in parte da attori non professionisti.
E poichè Eastwood ha annunciato che si tratta della sua ultima pellicola da attore, è seducente leggere in Waly Kowalsky una sorta di celebrazione della lunga galleria di personaggi interpretati nel corso della sua carriera, duri, burberi e spicci, che hanno contributo a renderlo un mito made in USA.
Non si tratta di una pellicola rivoluzionaria, e probabilmente è la più debole che il regista ha girato nell'ultimo paio di anni, ma è un film che si lascia guardare senza appesantire, perchè la consapevolezza di Eastwood è così acuta da permettergli di interpretare gli aspetti iconici della sua leggenda (dai ruoli nei film de L'inspettore Callaghan a Million Dollar Baby) senza narcisismo, e scavare nella parodia senza diventare ridicolo. Un film che gli appassionati di Eastwood apprezzeranno sicuramente, anche se forse più con il cuore che con la testa.

Voto: 6,5

Trailer

1 commento:

Anonimo ha detto...

un film che ti coinvolge e non può lasciarti indifferente davanti a certe scene; finale sì melodrammatico ma che riporta quel senso di giustizia che dopo tanti abusi ti lascia un senso di...vittoria. da vedere, anche a casa §:)